In ricordo di Enzo Mazzi


Ho sempre ammirato Enzo per tre sue importanti qualità : 1) il suo coraggio nell’andare
contro-corrente, nel non accettare le convenzioni ed il potere attuale con le sue tante contraddizioni,
e con i suoi squilibri sociali, e nel cercare invece di operare per migliorarlo, per modificarlo anche
radicalmente, rinunciando del tutto al potere sulla gente (potere su) che quello attuale comporta, per
dar vita, insieme con gli altri, al potere con; 2) la sua forza nel cercare sempre la verità al di là e al
di sopra dell’opinione corrente che dà per scontate cose che invece non lo sono affatto; 3) la sua
determinazione nel mettere sempre in primo piano, nelle sue preoccupazioni e di quelle della sua
comunità, gli ultimi, gli emarginati dal sistema, i reietti, gli abbandonati, perché, come dice il
vangelo : “gli ultimi saranno i primi”.
Credo che queste sue qualità lo rendano un gran maestro di tutti noi, che dobbiamo imparare
da lui a portare avanti la trasformazione sociale della realtà che ci circonda con lo stesso
coraggio, forza e determinazione con cui lui ha lottato per questo in tutta la sua vita.
Tante altre cose ci sarebbero da dire per tutte le attività che abbiamo portato avanti insieme,
o almeno in stretta collaborazione l’uno con l’altro: il lavoro di risanamento dei nostri quartieri
durante l’alluvione di Firenze (io a Gavinata, lui all’Isolotto); la nostra scesa comune in Sicilia per
aiutare la popolazione a rimettersi in grado di autogestirsi dopo il terremoto del Belice; la mia
partecipazione, e quella di mia moglie, anche con i nostri amici gandhiani (Krishnammal e
Jagannatan impegnati con i “senza terra” dei villaggi indiani), alle messe e feste comunitarie
all’aperto nella piazza dell’Isolotto, ed a tante altre attività che ora non mi vengono in mente.
Sempre, in tutte queste, ho trovato un Enzo mai subordinato nè direttivo, ma collaborativo,
comprensivo e dialogante. Ciao Enzo, e dacci il coraggio di essere degni di essere stati tuoi amici, e
per tante cose, anche collaboratori. Con affetto e riconoscenza
Alberto L’Abate

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